Dal mio blog Io scrivo una riflessione un po' amara...per chi ama Proust, sa bene di cosa parlo. Per chi non lo conosce, il sentire è lo stesso. Magari si può cominciare a leggere "Alla ricerca del tempo perduto", oppure si può solo decidere di agire.
A un certo punto il malessere arriva. Come una mazzata tra capo e
collo, come una spinta giù, dopo tutta la fatica fatta per salire in
cima a quella montagna. Certo che arriva. O forse è sempre stato lì, in
agguato, pronto a ghermirti al primo attimo di debolezza. Non sei così
forte, non sei così forte, pare sussurri malevolo all’orecchio ormai
stanco.
Lasciatemi stare, lasciatemi alle mie cose, a me, non posso
continuamente inseguirmi. Lasciarsi andare, sarebbe bello…lasciare che
il tempo agisca da solo, senza interporsi, senza agitarlo più del
necessario, un lento, docile scivolamento verso un altro tempo.
In stile molto proustiano ho guardato al tempo passato
e gli ho dato la dignità di un presente vivibile, accettabile. Gli
insegnamenti, la memoria, il sentire che fu, mattoni per costruire una
vicenda umana, per narrarla. E’ il mio bagaglio, e non lo rinnego. Ma
non può essere il mio nutrimento per sempre. A forza di soffermarmi e
guardare con incantata beatitudine a tutta quella saggezza antica, ho
perso di vista lo scorrimento del tempo reale, che passa, mica aspetta. E
ora dovrei correre? Non posso, non posso farlo ora, ora che le gambe
cedono, ora che ho le braccia molli per il troppo peso sopportato, il
peso mio e quello delle cose fatte e di quelle ancora da fare.
Guardo la mia ombra proiettata in avanti, nonostante me, nonostante
il mio continuo voltarmi indietro. E’ questo l’errore? Si può camminare
velocemente e con destrezza guardando costantemente ciò che si lascia
indietro? Non si può. Eccolo qui il malessere, la tristezza, lo
sconforto. Bisogna per forza abbandonare qualcosa, lasciarla lì dove si
trova e voltarsi, per la miseria, voltarsi…ma quanto è difficile. Tutte
le certezze accumulate in quel bagaglio che si chiama vita, a che
servono adesso, adesso che sono solo il peso da lasciare in terra per
viaggiare leggera?
Le metterò in un cassetto, questo farò. Ora devo scrivere una pagina
nuova, che è lì, davanti a me, un foglio bianco senza aloni e senza
gloria, un’incognita. Ripassando da questo quando, perché accadrà,
tirerò fuori quel che mi necessita, uno spunto, un confronto,
sussistenza momentanea al maratoneta, poi andrò oltre. Ora però conta
fare ordine, pulizia. Fermarsi, riprendere fiato, rifocillare l’anima, e
poi correre.
Sed
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