lunedì 18 novembre 2013

Un'altra idea di cultura. Quando la montagna va da Maometto la #cultura è in movimento




Si è svolta sabato 16 novembre 2013, a Roma, presso il Teatro Regina Pacis nello splendido quartiere di Monteverde, la conferenza di presentazione di “Un’altra idea di cultura”, organizzata da Officine Editoriali con il sostegno e la presenza dell’Assessore ai LLPP e alle periferie del Comune di Roma Capitale, Paolo Masini.

È davvero straordinario che, in questo momento storico, quando l’editoria vive una crisi profonda e tanto si parla di “latitanza” di lettori e della distanza quasi incolmabile tra la letteratura vera e il suo pubblico naturale, qualcuno illuminato provi a proporre un’idea di cultura in movimento. Una cultura che non stia lì ad attendere di essere scovata, nei  luoghi tradizionalmente deputati e, per lo più, inaccessibili, controllata dalla casta di intoccabili del Mainstream editoriale, ma che vada incontro ai suoi fruitori finali, nei loro luoghi d’incontro quotidiano, nelle scuole, nelle periferie tanto spesso dimenticate. Come dire che, se Maometto non può andare alla montagna, sarà la montagna a muoversi. Un progetto del genere si sposa con quanto l’Assessore Masini e il suo gruppo di lavoro stanno cercando, con fatica e passione, di portare avanti con “Un’altra idea di città”. Rivalutare le periferie, sviluppare progetti sociali sostenibili e coinvolgenti, “fare” finalmente qualcosa di ripetibile, anche in altre città, questa è l’idea ambiziosa che abbiamo condiviso sabato. E con noi c’era anche Andrea Bellachioma di Destinazione Roma, un’iniziativa creata da giovani che vivono il territorio e vogliono rivalutarlo partendo dalla cultura e dall’idea di una Agorà culturale di quartiere.

Mara Pantanella ha presentato, per Officine Editoriali, le sue collane digitali e le nuove pubblicazioni, assieme ai suoi autori. Abbiamo ascoltato il giovane e sensibile poeta novarese Marcello Canepa, lo scrittore di narrativa Massimo Gesuè, Marco Trasciani col suo splendido saggio sul cinema di Morin.

E poi i prossimi eventi. Una “Sagra itinerante della letteratura” a partire dalla primavera 2014, che porti autori e libri nei paesi e nelle piazze di periferia, proprio come si fa coi prodotti tipici locali. E il primo concorso per eBook, perché il digitale sta prendendo sempre più piede anche in Italia, ma ha bisogno di circolare, di essere “toccato con mano” per dargli quella fisicità che il virtuale non ha. In ultimo, almeno per ora, un’iniziativa di scambio e arricchimento con le scuole primarie e secondarie, che coinvolge insegnanti, alunni, Case Editrici e autori nella lettura, studio e approfondimento di testi digitali esordienti fino alla creazione di un eBook collettivo.

Cetta De Luca infine ci ha raccontato la difficile situazione che gli autori stanno vivendo, del loro bisogno imprescindibile di incontrare i lettori fuori dal web, nel mondo reale, e della iniziativa di NoBrandArt che, per la prima volta e sotto uno stesso logo che li accomuna, porterà un gruppo di scrittori e professionisti free lance, alla Fiera della piccola e media editoria a Roma, a dicembre. Per incontrare i lettori. La montagna andrà da Maometto.

lunedì 4 novembre 2013

Scrittori a nudo. Lucio Freni e Matteo Deraco.


28Basement a Roma - 12 ottobre 2013


Qualche settimana fa sono stata invitata a un particolare reading. Si è trattato di uno di quei momenti belli in cui gli scrittori si mettono in gioco e condividono le esperienze, per supportarsi, per aiutarsi, per correre un rischio. Gli organizzatori erano “quelli” di Soliloquiamente (che hanno creatività da vendere) e l’occasione era quella di festeggiare, assieme a scrittori e lettori, il premio letterario vinto da “Selvaggia, i chiaroscuri di personalità” (Giovanni Garufi Bozza). Sette autori si sono alternati, in una sorta di staffetta a tempo, a leggere brani editi o inediti e si sono sottoposti al giudizio del pubblico e della giuria (di cui facevo parte). In palio c’erano interviste, recensioni, creazione di un audio book e altre cose interessanti. Insomma, iniziativa lodevole e ripetibile, visto anche il successo di pubblico.

Come madrina della manifestazione mi sono sentita investita di una grande responsabilità. Giudicare uno scrittore da scrittrice quale sono non è cosa semplice, ma per fortuna non ero da sola. Sono rimasta colpita dai racconti di due autori: Lucio Freni e Matteo Deraco. Entrambi, a mio avviso, avevano una caratteristica in comune: l’immediatezza. Mi direte: “Ma se a un racconto manca l’immediatezza che racconto è?”. Certo, ma chi mi conosce sa bene che io non mi soffermo semplicemente sulla storia (che deve essere accattivante, coerente, pregnante), perché per me una storia senza un linguaggio appropriato è come un corpo senza pelle, uno scheletro insomma.

Lucio Freni ci ha fatti entrare in un bar e ci ha fatto incontrare uno strano omino impiccione e saccente. “La bocca chiusa pare una ferita rimarginata male; un taglio sulla testa di un pupazzo di cartapesta.” [cit.]. In un dialogo surreale il protagonista e l’omino affrontano il tema della scrittura, della passione che anima lo scrittore e dell’ansia di emergere. “L’inchiostro è il sangue dello scrittore e ogni pagina ne è inzuppata.” [cit]. Uno scrittore deluso incontra sempre la propria anima a un certo punto del proprio percorso, e questo in genere avviene quando comincia a domandarsi se ne vale la pena, se è il caso di continuare a scrivere, se una stroncatura può davvero farlo desistere dal suo “bisogno” di comunicare scrivendo. L’argomento trattato è come un luogo già visitato, nel senso che ognuno di noi, almeno una volta nella sua carriera di scrittore, ha incontrato lo strano omino del bar. Ma Lucio Freni ce lo racconta come un thriller. Ci pennella la scena con tinte chiaroscuro, che pare di entrare sul set di un film in bianco e nero. Poi, piano piano, arriva il colore. Ecco, definirei il suo un linguaggio cinematografico, efficace e, appunto, immediato.

Matteo Deraco invece ci ha portati in esplorazione dell’anima. Esagerata! Direte. Il suo racconto “War was over” già dal titolo lascia intendere che una guerra c’è stata e che, per fortuna, è passata. Ogni giorno combattiamo battaglie, con noi stessi, col mondo che ci circonda, e proviamo a vincerle, ma non sempre è possibile altrimenti tutti gli altri, che fanno esattamente lo stesso, sarebbero eternamente perdenti.  La realtà è che le battaglie bisogna superarle, anche con le ossa rotte. Matteo ci ha raccontato questo passaggio nella consapevolezza  attraverso un racconto snello, una sorta di panoramica dialogica tra un passato reale e un futuro possibile con uno sguardo attento a un presente in divenire. “Che hai voluto dire?” vi domanderete. “L’amore va, sopra tutto e tutti, ed io non ce l’ho più.” [cit.] Il protagonista fa questa riflessione ricordando una storia ormai finita, mentre ne sta vivendo una nuova e felice. Il presente è raccontato con un dialogo fitto, diretto, è il cuore del racconto tutto raccolto nei minuti che precedono la cena della vigilia di Natale. È il momento in cui la storia si apre.  Poi la proiezione.“Ma tutto era ciclico e tutte le occasioni sarebbero ritornate, per essere vissute semplicemente in maniera diversa.” [cit.] Ecco qui il passaggio. Passato, presente, futuro. Con questi escamotage linguistici Matteo ci trasporta in un’altalena emozionale che non sarebbe stata altrettanto efficace se avesse utilizzato la narrazione enfatica o esclusivamente filmica. È un flash back, un flash e un flash forward. La scena di un film. Linguaggio immediato, appunto.

Questa iniziativa si ripeterà. Altri autori si “scontreranno” su un palco in una corrida letteraria, mettendosi a nudo perché, per uno scrittore, non è così semplice leggere ciò che ha scritto a un pubblico di lettori. Si sa, la lettura è un’esperienza individuale. Ma è bello scovare le emozioni di chi scrive così, in diretta, come se la storia si stesse scrivendo in quel momento, davanti ai nostri occhi. Un applauso agli organizzatori di questo contest che il 9 novembre replicherà a Roma, presso il locale SottoSopra (qui le indicazioni). Non mancate.

mercoledì 18 settembre 2013

Francesismi di una scrittrice incazzata


Carrelli vuoti - Immagine presa da qui
Ops! Vogliono aumentare l'IVA. Sì ma tanto non è che ci costerà poi così tanto. Sarà sufficiente non vestirci più, non guardare più la TV, non arredare più le case, non bere più acqua minerale, non telefonare, ovviamente non fumare, assolutamente non lavarsi e non pulire la casa, non comprare più scarpe e neppure ripararle se si rompono, e non rivolgersi a un avvocato o a un commercialista, tanto che conti bisognerà fare? Questo solo per l'aumento dell'aliquota al 22%, gli effetti diretti insomma. Si sono dimenticati di dire che pure il ‪#‎carburante‬ ha la stessa aliquota, e quindi tutti, proprio tutti i prodotti che noi poveri consumatori osiamo pensare di consumare e che sono trasportati da una parte all'altra dell'Italia subiranno le conseguenze di questo aumento. Beh, che vi devo dire? Ancora a farci le pippe mentali su chi mandare al governo? Ma se se ne andassero tutti beatamente 'affanculo? Ops, sono una scrittrice e certi francesismi non mi si addicono? Se volete ne invento altri.

sabato 3 agosto 2013

Il paradiso non perdona di Simone Andreozzi - Una recensione



Scrivere racconti non è semplice, almeno non per me. Io ho bisogno di spazio per espandere la mia narrazione, eppure... Ho terminato la lettura di "Il paradiso non perdona" di Simone Andreozzi, una raccolta di quattro racconti a tema unico e sono stata colta da una folgorazione: e se proprio coi racconti uno scrittore riuscisse a "espandersi" meglio? La genialità di Simone sta nella scelta appunto di un tema comune, questo paradiso che non perdona, ma allo stesso tempo l'opportunità che si è preso come autore di declinarlo in diverse forme narrative. Abbiamo il thriller, il paranormal, la narrativa d'amore, l'indagine psicologica, diversi generi insomma che necessitano di ritmi diversi, linguaggi precisi, soluzioni narrative che siano credibili e verosimili per lo scrittore quanto per il lettore. E Simone ci è  riuscito. È  riuscito a farci vedere in un unico libro i tanti scrittori che albergano in lui.

Questo paradiso non è altro che un' opportunità, quella che ciascuno di noi dovrebbe imparare a riconoscere e cogliere per essere felice, seguendo la propria inclinazione personale, ascoltandosi magari, scegliendo di essere se stesso nel bene o nel male. È in fondo un libro ricco di misticismo filosofico, quello che oggi tutti abbiamo un po' perso e che ci stupiamo di ritrovare nell'opera di uno scrittore attuale.
E perché no? Simone ha messo in pratica ciò che nel suo libro ha affrontato come tematica: cercare la felicità essendo se stessi, e lui voleva scrivere tante storie diverse.

Poi c'è  la poesia, e questa fa la differenza, lì si vede l'anima sensibile, quella che le storie non te le racconta e basta, ma te le fa succhiare e ti risucchia, tanto che alla fine ti confondi  tu, lettore, e pensi: e se fosse vero? Ecco, ci vuole un po' a distaccarsi da queste pagine, perché dopo che hai chiuso il libro, continui a leggere le parole nella mente. Ritrovi come un'eco lo stile scanzonato e asciutto di Simone, coi dialoghi serrati, perché nei racconti è così che funziona: tanti dialoghi e poca descrizione, che la scena si sta già svolgendo e non c'è  altro tempo.
È la prima volta che vi suggerisco di leggere un libro non solo perché è bello, ma per imparare qualcosa. Che poi, a cosa dovrebbero servire i libri?

 Titolo: Il paradiso non perdona
Autore: Simone Andreozzi
Editore: L'Erudita
Anno pubblicazione: 2013
ISBN: 978-88-6770-035-6
Prezzo: € 13,00

lunedì 29 luglio 2013

Siamo stati #Corsari



Ho letto, scavato, parlato, commentato di Pasolini per 50 giorni. Una sorta di Nemesi, un bisogno di riportare alla luce il sotteso perché non vi siano più fraintendimenti e la Storia compia il suo ruolo di giudice e pacificatore. Perché oggi è questo che accade: le colpe dei padri sono ricadute inesorabilmente sui figli. E così ha senso raccontarci gli Scritti Corsari del poeta, profeta e visionario, che se aveva le visioni è perché qualcuno o qualcosa lo illuminava per bene dall’alto.

Lo abbiamo fatto in tanti con la presunzione tipica di questi anni, in cui tutto appare possibile, anche fare #twitteratura. Ma lo abbiamo fatto bene, con rispetto, pur criticando e, a volte, attaccando. Abbiamo attaccato gli Scritti Corsari quando la desolazione della presa di coscienza era troppo forte, troppo dolorosa. Abbiamo criticato la fragilità del poeta, le sue scelte contraddittorie, il suo essere donchisciottesco. Ma forse la critica era verso noi stessi, che non siamo in grado, ora come allora, di usare una voce anche solo simile alla sua per denunciare lo scempio che abbiamo sotto gli occhi. Non con quella determinazione, ostinazione, polemica.

Abbiamo fatto filosofia, a modo nostro, con gli strumenti di oggi. Una filosofia indotta da una lettura forte, che non fa sconti, a nessuno, neppure a noi stessi. Ma la filosofia è educazione del pensiero libero, e grazie a Pasolini abbiamo riscoperto che sappiamo e possiamo pensare da uomini e donne liberi. Ora sarebbe bello finalmente agire, per passare questa consapevolezza ai nostri figli.

Abbiamo riso, sì, ci siamo anche divertiti con Scritti Corsari, è questo che fanno i liberi pensatori. A volte erano sorrisi amari, quelli dovuti all’ironia del caso [o della Storia] che ci fa vivere oggi corsi e ricorsi del tempo che fu. Tutto cambia, nulla è cambiato. Altre volte erano risate di gusto, quelle legate al ricordo, alla tradizione, ai costumi di un’epoca che tanto ci ha segnato, che tanto ci ha lasciato. Che eredità!

La #twitteratura degli Scritti Corsari oggi finisce, ma non ha termine ciò che lascia in bocca. Uno strano sentimento d’ineluttabilità. Eppure…eppure noi non ci arrendiamo, siamo #Corsari.

mercoledì 3 luglio 2013

#Letteratura e #Twitteratura


Oggi Google dedica un Doodle a Franz Kafka nel 130° anniversario della sua nascita. Un disegno che rappresenta uno "scarafaggio" che torna a casa dal lavoro, evocando così la trasformazione del protagonista de La metamorfosi. Kafka affronta l'alienazione esistenziale, dal rapporto generazionale alla violenza psicologica, lo smarrimento davanti alla vita e al dovere di viverla secondo i canoni comuni, in una visione lucida, realistica e inquietante dei fatti, anche angosciosi e inauditi, che lui descrive con dovizia di particolari facendoli rientrare in una normale quotidianità.

Leggere Kafka può essere angoscioso, come aprire improvvisamente gli occhi su una realtà che immaginiamo in un modo ma che nasconde insiti presagi o ineluttabilità per i quali nulla possiamo. Come dire: "Non è colpa tua se le cose vanno così. Tutto è deciso dall'alto e tu non puoi far nulla per cambiare, accettalo". Ma l'uomo davvero può accettare passivamente un simile dictat?

La Storia ci insegna che no, non è così. O l'uomo è sciocco o è testardo, o entrambe le cose. O forse essere visionari è più comune di quanto si pensi. Su twitter si fa #Twitteratura riscrivendo gli Scritti Corsari di Pier Paolo Pasolini, e immagino un incontro tra Kafka e il Corsaro. Due visionari, in modo diverso, entrambi attenti osservatori del mondo e della vita, il primo per analizzare senza alcun altro intento, il secondo per analizzare volendo cambiare tutto.
#Twitteratura la trovi qui


E noi che oggi li celebriamo entrambi, in modo bizzarro forse, ma così attuale che piacerebbe a tutti e due, ci domandiamo chi sono i nuovi filosofi, se ci sono. Oggi che tutto è così veloce, vicino, oggi che anche un pensiero e il suo contrario si polverizzano nello stesso istante in cui sono formulati, subito sostituiti da altri pensieri e contro pensieri; oggi che parlare di #Letteratura pare blasfemo eppure non riusciamo a fare altro (ipocrisia? vanità? bisogno?) per emergere da quella massa liquida che è la "non comunicazione di massa" (un paradosso? Forse, ma "dire" non equivale a "comunicare"); oggi che i peggiori presagi di Pasolini si sono e si stanno avverando e che gli alienati di Kafka ci vivono quotidianamente accanto o siamo noi stessi; oggi, smarriti in questo caos del quotidiano vivere, mentre ci interroghiamo su cosa fare e come farlo, scopriamo che i filosofi non ci sono più perché filosofi siamo noi. Noi che non diamo più credito ai guru dei media, noi che torniamo alla semplicità del vivere perché non abbiamo altra scelta, noi che ci prendiamo il nostro tempo perché abbiamo solo quello, noi che ci inventiamo ogni 24 interminabili ore le 24 ore successive. Noi siamo i nuovi filosofi. Non saremo tutti così, probabilmente. Ci saranno i fortunati che si benderanno gli occhi e si tapperanno le orecchie, e magari anche il naso, e accetteranno passivamente ciò che l'indefinibile ha deciso per loro.

Noi che gli occhi li abbiamo bene aperti probabilmente lotteremo. E magari vinceremo, anche.

Sed